Andrea, coordinatore di CN ed educatore, Mariachiara, educatrice, e Francesca, psicologa, si occupano da diversi anni di affido per Comunità Nuova, impegnata oggi nelle iniziative del Comune di Milano e nel territorio Rhodense.
Li abbiamo incontrati per parlare della loro esperienza lavorativa che è anche esperienza di vita. Ne è uscita una lunga e stimolante conversazione che condividiamo.
Come vi siete avvicinati all’affido, nell’ambito delle attività della nostra associazione?
Francesca: La mia primissima esperienza di affido risale al 2005, quando, insieme a CN che, con alcune realtà del territorio, partecipava a una convenzione con il Comune di Milano, selezionai una famiglia per l’affido e mi occupai della formazione e del successivo accompagnamento.
Ricordo poi con grande piacere l’inizio della collaborazione con il Centro Affidi di Sercop, nel 2011: il progetto prevedeva un coaching educativo che integrasse il ruolo giocato dalle figure che tradizionalmente seguono i percorsi di affido (l’assistente sociale e lo psicologo). Accanto ai percorsi più tradizionali, affrontammo tematiche più innovative, come la sensibilizzazione dei cittadini, anche attraverso la condivisione dei linguaggi e delle pratiche propri dei Servizi. Ancora oggi facciamo parte dell’équipe di Rho, un segno di fiducia e riconoscimento che ci fa molto piacere.
Andrea: Le mie prime esperienze di affido sono legate a Barrhouse (la nostra comunità per minori): alcuni piccoli ospiti, al termine della loro esperienza in comunità, non potendo rientrare nelle famiglie di origine, vengono affidati. Dopo la convenzione in cui coinvolgemmo Francesca, abbiamo poi partecipato a un bando di Fondazione Cariplo e successivamente abbiamo costituito delle ATI (Associazione Temporanea d’Impresa) per rispondere ai bandi del Comune di Milano; siamo ormai alla terza triennalità.
Maria Chiara: Anche io, che per diversi anni ho lavorato in Barrhouse, ho iniziato a seguire i percorsi di affido con i bambini della comunità. Ho sempre pensato che fosse una grande opportunità per tutte le persone coinvolte e molto stimolante come educatrice. Ho poi partecipato ai progetti d’affido con il Comune di Milano, in cui ho avuto l’opportunità di accompagnare un minore di cui sono stata educatrice in comunità.
Qual è il ruolo di Comunità Nuova nei progetti dedicati all’affido? Quali sono i vostri compiti?
Andrea: La nostra associazione partecipa alla nuova ATI, composta alla fine del 2019, con due psicologhe, che sostengono bambini e famiglie affidatarie più in difficoltà, Francesca che lavora all’interno dell’équipe del coordinamento affidi come psicoterapeuta e Maria Chiara ed io come figure educative. Lo sguardo pedagogico accompagna le famiglie e i bambini con azioni pratiche di riflessioni e consulenza. Siamo loro vicini, passiamo del tempo insieme, li affianchiamo nei momenti di fragilità e di difficoltà. Si tratta di azioni concrete: definiamo strategie educative insieme ai genitori affidatari, verifichiamo la loro efficacia e le rafforziamo quando funzionano. L’azione diretta si accompagna al lavoro di rete con tutta l’équipe, il coordinamento affidi e le altre agenzie sul territorio. La costituzione di un gruppo che consenta uno sguardo multidisciplinare è stata una bella evoluzione per l’ATI. Per me rappresenta l’avverarsi di un sogno: ho sempre creduto nell’importanza della figura educativa nei percorsi di affido.
Maria Chiara: Giocare un ruolo educativo nel percorso di affido significa mettersi in ascolto e osservare, soprattutto nei momenti di difficoltà. Per i genitori affidatari rappresentiamo una sorta di partner educativo con cui condividere pensieri e situazioni.
Il lavoro con il minore in affido invece è differente: bisogna comprendere in profondità il suo bisogno e cercare di tradurlo per il mondo adulto. Così facendo possiamo aprire nuove strade e nuove possibilità. Ci affianchiamo nell’accompagnare alcuni momenti della quotidianità dei bambini e spesso svolgiamo una funzione di ponte anche con la loro famiglia di origine. Ci occupiamo degli aspetti scolastici, accompagniamo i bambini dal terapeuta e agli incontri con la famiglia d’origine.
Francesca: Il mio ruolo è misto a seconda dei territori: nel rodhense, con Sercop, mi occupo di coaching educativo con gruppi di famiglie affidatarie e di sensibilizzazione, a Milano affianco il Coordinamento affidi, come psicoterapeuta e psicologa, nella formazione, nella selezione, nel monitoraggio e anche negli abbinamenti tra famiglia affidataria e minore.
Aggiungo che nella mia esperienza con Comunità Nuova nell’ambito dell’affido emerge il quid di questa associazione: la capacità di lavorare in team, che può comportare fatiche e rallentamenti, ma è uno strumento essenziale per dare ascolto a una pluralità di voci e di visioni.
Andrea: La cifra che ci contraddistingue è proprio questa: contribuire a costruire l’équipe, fare da ponte tra servizio pubblico e privato sociale. Questa è la nostra cultura e cerchiamo di portarla attraverso il nostro lavoro.
Quali sono i momenti di maggiore difficoltà per gli operatori coinvolti nell’affido?
Andrea: Per me, i momenti più difficili, si manifestano quando il percorso di affido si chiude con anticipo perché subentrano delle difficoltà che non ne consentono la prosecuzione. Ma siamo consapevoli che il nostro mandato è anche quello di saper gestire queste situazioni complesse. D’altra parte, come operatori, non siamo soli: c’è sempre un’équipe a cui riferirsi. Quando invece si arriva al termine previsto del progetto si vive una festa: ci si saluta, non ci si lascia, cambia solo la modalità della relazione.
Maria Chiara: Come Andrea trovo che sia estremamente difficile l’interruzione anticipata del percorso. Ma è qui che giochiamo una parte fondamentale con il nostro accompagnamento educativo.
Francesca: Quando un abbinamento tra famiglia e minore non funziona si mettono sotto osservazione le scelte e le previsioni fatte. Mi sento responsabile dei processi a cui partecipo. Uno dei momenti più delicati è quello della proposta del progetto alle famiglie: è qui che avviene il passaggio da quella che è una visione ideale dell’affido al progetto concreto: si devono prendere le misure e per farlo servono energie e competenze. In questa fase è evidente il ruolo dell’équipe che deve lavorare affinché si definisca una nuova realtà. Per le famiglie può essere molto faticoso, ma alla fine riconoscono la ricchezza che deriva da questa esperienza.
Un altro momento faticoso è quello della selezione e della valutazione: dire alle famiglie che non sono pronte (perché hanno bisogno di ulteriore formazione, o perché hanno troppi impegni che non consentono di dedicare sufficienti energie a questa esperienza, o ancora perché sono in una particolare fase della loro vita) è molto difficile. Comprendiamo il grande bisogno di genitorialità, ma dobbiamo metterci sempre nella posizione del bambino: è la famiglia a dover rispondere ai suoi bisogni e non viceversa.
Andrea: I bambini sono portatori di bisogni molto importanti, alle famiglie affidatarie chiediamo davvero tantissimo. Hanno i loro limiti, come è normale che sia, ma sono molte generose e direi anche coraggiose, resilienti. In alcuni momenti sono eroiche: aprono ciò che hanno di più prezioso, il loro nucleo famigliare.
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