Kintsugi è il progetto di Comunità Nuova che partecipa al crowdfunding e al contest di #GivingTuesday, un giorno per donare.
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Lasciamo la parola a Sara e Maria Chiara, educatrici, per spiegare cosa sia Kintsugi attraverso l’introduzione che hanno scritto per il nostro Bilancio Sociale 2019.
«La signora Ofelia è la mamma di Giorgio. È sempre elegante, vestita di scuro. Va a lavorare in una sartoria. La signora Ofelia è la mamma di Giorgio e divide il suo tempo in giorni pari e giorni dispari […]. Nei giorni pari ha sempre un filo di rossetto rosso e accompagna Giorgio davanti al portone di scuola. Gli schiocca un bacio dolcissimo, che gli rimane impresso come un dipinto sulla pelle chiara […]. La signora Ofelia è la mamma di Giorgio e nei giorni dispari non la si vede mai. Si chiude in casa, non dice una parola e spesso siede al buio sulla poltrona […]. La signora Ofelia nei giorni dispari aspetta che passino i nuvoloni neri, carichi di tempesta […]. Nei giorni dispari Giorgio è un bambino più grande. Nei giorni dispari Giorgio osserva le altre mamme. La signora Ofelia e Giorgio oggi, dopo la scuola, vanno al parco. Perché oggi è un giorno pari e non ci sono nubi all’orizzonte».
Abbiamo incontrato la storia di Ofelia e Giorgio di Andrea Prandin in Mamme un po’ così e un po’ cosà quasi per caso. In questa storia, che abbiamo accolto come un dono, abbiamo ritrovato le storie delle famiglie incontrate in questi primi due anni di servizio.
Kintsugi, infatti, è un servizio nato nel 2018 che intende promuovere un percorso di autonomia di nuclei mamma-bambini in situazioni di vulnerabilità. Questi nuclei sono accolti in appartamenti educativi con l’obiettivo di accompagnarli alla costruzione di un futuro progetto di vita. L’approccio metodologico del progetto è quello dell’Empowerment, un approccio attivo attraverso il quale le ospiti e i loro figli e figlie imparano a mettersi in gioco sviluppando le proprie competenze.
Kintsugi (金継ぎ), letteralmente “kin” oro e “tsugi” riunire, riparare, ricongiunzione, è un’antichissima arte giapponese che consiste nella riparazione di oggetti in ceramica, saldandone insieme i frammenti con materiali preziosi.
L’idea di chiamare Kintsugi il nostro progetto nasce dal desiderio di valorizzare le cicatrici delle persone che incontriamo, con la convinzione che gli eventi traumatici e le esperienze dolorose, se condivise e rielaborate, permettano di rendere preziosa l’unicità della storia di ognuno.
Le famiglie che incontriamo arrivano da noi dopo un periodo di disorientamento dovuto alla disgregazione del nucleo famigliare, a progetti migratori fallimentari, a emergenze abitative. Spesso arrivano cariche di vissuti legati alla sconfitta, alla precarietà e alla preoccupazione per il loro futuro. In questa situazione di vulnerabilità i figli e le figlie sono costretti a essere più grandi e a non poter esprimere i propri bisogni di bambini.
L’accoglienza nei nostri appartamenti rappresenta quindi un approdo sicuro che offre la possibilità di costruire o ricostruire un’intimità con i propri figli, una routine protettiva che lascia spazio mentale e fisico alla relazione.
Il nostro intervento pedagogico è mirato a supportare il genitore a partire da una maggiore conoscenza di sé, dei propri punti di forza e di debolezza affinché possa essere propositivo e stimolante nel percorso di crescita del proprio bambino o bambina e nella costruzione di un progetto di vita futura sostenibile.
I nuclei di significato con i quali ci confrontiamo nella progettazione educativa con le famiglie che accogliamo sono principalmente l’autonomia e la cura. Una persona autonoma è una persona capace di regolare se stessa, la propria affettività e di attrezzarsi per affrontare gli impegni e i doveri nella quotidianità. A nostro avviso educare all’autonomia significa avere come obiettivo crescere e far crescere i propri figli e figlie con una buona competenza nel comprendere i propri bisogni, anche in relazione agli altri. L’autonomia ha quindi bisogno di una rete affettiva di sicurezza: si nutre di ascolto, di qualcuno capace di intuire quando abbiamo bisogno di un sostegno.
La cura, invece, come attenzione attiva e premurosa all’altro è il nostro principale strumento nell’incontro con le ospiti e i loro figli e figlie. Una cura quotidiana, attenta, che coglie il particolare, dove al centro c’è l’altro da te. Una cura che si basa sull’impegno a costruire un rapporto autentico, basato sull’ascolto, sull’empatia e sulla condivisione. L’importanza della cura di sé e dei propri bambini passa anche attraverso la cura degli spazi in cui si vive. Uno spazio pulito, in ordine e pensato a misura di bambino, offre l’opportunità di sentirsi a casa.
Casa come luogo sicuro, protetto, caldo, intimo, nel quale poter riprendere in mano i fili del passato, vivere con maggiore consapevolezza il presente, e poter pensare serenamente al futuro.
La foto dell’articolo è di Luca Meola.
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